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La Pentecoste secondo Hesdin

La Pentecoste cristiana, ovvero lo stupefacente avvenimento con cui gli Apostoli, tramite l’infusione dello Spirito Santo in forma di lingue di fuoco, acquisiscono una nuova e vasta conoscenza, non può che far cogliere all’Alchimista affinità e concordanze con la propria pratica di Laboratorio, che Eugene Canseliet per primo definì una “Metafisica Sperimentale”.

Eugene Canse-
liet. Un ritratto di R. Buz

Chi ha indagato in profondità questa e le tante altre affinità fra testi e riti cristiani di oggi e di ieri è stato Severin Batfroi, alchimista francese della scuola di Canseliet. Ecco cosa scrive in proposito nel suo bellissimo libro La Via dell’Alchimia Cristiana (2007). L’evento più importante che segui la Resurrezione fu certamente la Pentecoste, di cui gli Atti degli Apostoli riportano lo stupefacente racconto. A tale proposito è bene sapere che in greco Pentecoste significa cinquantesimo, e che questa festa ricordava agli Ebrei la consegna del Decalogo sulla vetta del Monte Sinai. Anche questa ricorrenza corrisponde simbolicamente a determinate fasi del ciclo lunare, ed è quindi affine al ciclo pasquale. Comprendere il significato della Pentecoste equivale a sondare immediatamente alcune particolarità della religione cristiana.

Abbiamo già avuto modo di osservare che fatti e momenti salienti del Cristianesimo si inserissero con notevole precisione nel calendario delle commemora- zioni ebraiche o pagane. Agli occhi del cristiano tale concordanza è la prova più eclatante della complementarità delle due dottrine, la giudaica e la cristiana, sebbene egli creda che la seconda sia il compimento della prima. Alla consegna delle Tavole della Legge, che dettarono ai Giudei le norme della loro condotta terrena, corrisponde la discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste.

L’evento è così riferito dagli Atti degli Apostoli.

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatté gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro.

(Atti, II, 1-3).

In questo evento, senz’altro fuori dal comune, l’alchimista vedrà immediatamente un simbolo dell’orientamento della pietra filosofale nel dominio umano, ovvero un battesimo per mezzo del fuoco. Se si vuole utilizzare la terminologia alchemica, si può dire che era necessario che gli Apostoli divenissero depositari della virtù “trasmutativa” del Cristo, affinché, per “proiezioni successive”, l’umanità si accostasse allo stato ideale indispensabile alla redenzione collettiva.

Francois Rabelais. Edizione pregiata dei cinque romanzi del Gargantua e Pantagruel.

Possiamo non concordare sull’equivalenza fra l’orientamento della pietra filosofale ed il battesimo del fuoco, a nostro avviso posti quasi ai due estremi della Via Alchemica di Laboratorio: con l’ultimo si entra nel dominio dell’Arte Sacra, mentre con il primo si è già alle fasi finali di quella che è la via filosofica trasmutatoria. Tuttavia, l’impressione che la Pentecoste descriva la discesa dello Spirito Universale resta ben centrata nelle parole del Filosofo francese.

Ho trovato, cercando in rete, notizie su un compositore franco-fiammingo poco conosciuto, Nicolle des Celliers de Hesdin, spesso indicato nelle edizioni d’epoca con la sola scritta Hesdin, il suo paese d’origine, e ho trovato un bellissimo mottetto dal titolo Alleluja: Spiritus Domini. Non mi sono sorpreso particolarmente nello scoprire che Hesdin avesse musicato un testo pentecostale: ormai ho preso consuetudine con la scoperta che compositori di quest’area scelgono di musicare testi di sapore alchemico.

Anzi, in qualche modo era un dato atteso: Hesdin è infatti incluso nell’elenco dei musici del “nuovo” Prologo del IV Libro di Pantagruel di Francois Rabelais, assieme a molti di cui abbiamo parlato in altri nostri lavori, ma aggiungo che, senza la guida di tale elenco (che si rivela ogni giorno più prezioso) nulla avrei scoperto di questo Autore pressoché sconosciuto ovunque, se non presso gli ambienti accademici di Francia e, chissà perché, Stati Uniti.

Ma veniamo al testo: eccolo di seguito riportato

Alleluia.

Spiritus Domini

replevit orbem terrarum, venite adoremus eum.

Alleluia.

Hodie completi sunt dies Pentecostes.

Alleluia.

Hodie Spiritus Sanctus

in igne discipulis apparuit,

et tribuit eis charismatum dona.

Alleluia.

Laudes Deo devotas dulci voce ac sonora

plebs devota caelo decantat.

Alleluia.

Spiritus Sancti gratia Apostolis die hodierna

in linguis igneis est infusa.

Paracliti praesentia emundet nos a peccati macula pura sibi aptans habitacula.

Alleluia.

Dopo l’iniziale Alleluia, i primi due versi riportano all’Antiphona ad Introitum VIII:

Tuttavia, il testo successivo se ne discosta ed evita il successivo versetto: «et hoc quod continet omnia, scientiam habet vocis». Questo normalmente viene tradotto: «e ciò che abbraccia ogni cosa ne ha conoscenza della voce». In questa traduzione, oltre ad un senso piuttosto oscuro, spicca quell’“hoc” che (al neutro!) dovrebbe riferirsi allo Spiritus Domini. No, Hesdin preferisce proseguire così:

«Hodie completi sunt dies Pentecostes» («oggi si chiudono i giorni della Pentecoste», cioè «oggi sono passati cinquanta giorni»), tratti dall’Antifona al Magnificat per il II Vespro della Pentecoste, che proseguono con versi suggestivi quali: «Hodie Spiritus Sanctus in igne discipulis apparuit et tribuit eis Charismatum dona» («oggi lo Spirito Santo è apparso ai discepoli nel fuoco ed ha tributato loro i doni dei Carismi»).

Il testo successivo prende origine da ben altra fonte.

Laudes Deo devotas dulci voce ac sonora

plebs devota caelo decantat.

Spiritus Sancti gratia Apostolis die hodierna

in linguis igneis est infusa

Esso che si ritrova nientemeno che nel Salterio della Chiesa di Sarum, a York, con la variante nel verso: «plebs resultet Catholica». Certamente anche questa fonte afferisce alle celebrazioni della Withsun Week, la White Sunday Week di Pentecoste così detta per l’uso di indossare vesti bianche (il celebrante tuttavia veste di rosso, proprio in relazione al fuoco dello Spirito Santo).

Pentecoste. Giotto. Cappella degli Scrovegni

Tuttavia, mi pare di un certo rilievo notare come il compositore scelga con cura come assemblare il testo del proprio mottetto da fonti, sì, coerenti con il tema liturgico principale, ma di provenienza diversa, ed in questo caso mi pare non sia possibile non vedere che Hesdin voglia rivolgere l’attenzione di chi ascolta (o meglio, di chi è in grado di ascoltare, tenuto conto del periodo e dell’alfabetizzazione relativa) proprio verso quel fuoco dello Spirito, vera essenza del miracolo pentecostale. Osservo ulteriormente che questa derivazione anglosassone non deve stupire: la stessa tradizione musicale franco-fiamminga deve alla musica di Dunstable e Powers la propria nascita, e con la musica essa ha incorporato anche i testi ad essa connessi. A tal proposito segnalo come ancora in William Byrd, secoli dopo, sia presente questa tradizione ignea nel testo dell’Alleluia per la Domenica di Pentecoste:

Alleluia.

Emitte spiritum tuum, et creabuntur, et renovabis faciem terrae.

Alleluia.

Veni Sancte Spiritus,

reple tuorum corda fidelium,

et tui amoris in eis ignem accende

Alleluia

 

Rabano Mauro con Alcuino di York dall’Arcivescovo di Magonza

Non è proprio della tradizione alchemica rileggere l’acronimo INRI della Croce di Cristo (simbolo anche del Crogiolo e del Fuoco segreto) come “Igne Natura Renovatur Integra”? Dunque il quasi sconosciuto Hesdin, organista e compositore alla cattedrale di Beauvais, probabilmente “strappato presto alla vita da Atropo” – come recita l’epitaffio sulla sua tomba, che ci restituisce anche il nome completo – onora la sua appartenenza a quel milieu di autori illuminati di musica – non ignoto all’altrettanto illuminato Rabelais – che hanno sentito l’impulso (o forse, ma non lo sapremo mai, ricevuto il compito) di trasferire nelle loro opere una fiammella (mi si passi il gioco) di conoscenza, rivestendola di vesti di bellezza, in modo da affidarne il messaggio ai secoli a venire.

Fiammella, così ardentemente desiderata che immediatamente tornano alla mente il testo di Veni Creator Spiritus e le parole vibranti di Lucarelli: «Dio, vieni a casa mia». Eppure, quante volte ho cantato (e diretto) il Veni Creator Spiritus di Lorenzo Perosi, in occasione delle Cresime, in chiesa, con il coro. Anche allora chiedevamo allo Spirito Santo di scendere su quel gruppo di adolescenti in coda davanti al prete, ma non con la consapevolezza che quel canto sacro richiedeva, da parte nostra come di quei giovani distratti dall’atmosfera di festa, da amici e parenti, dall’orologio in regalo… a pensarci oggi, ho invece come un brivido.

Ma cos’è il Veni Creator Spiritus? In italiano Vieni Spirito Creatore, è un inno liturgico allo Spirito Santo attribuito a Rabano Mauro, arcivescovo di Magonza, del IX secolo. La versione più conosciuta è quella gregoriana, ma è stato musicato anche da numerosi autori di musica polifonica e classica. Persino Mina ne ha inciso una versione, contenuta nel disco di musica sacra Dalla terra. Viene regolarmente cantato nell’ufficio delle Lodi e dei Vespri della festa di Pentecoste e viene spesso accostato alla sequenza Veni Sancte Spiritus. Oltre che a Pentecoste, viene anche cantato in particolari avvenimenti solenni per invocare lo Spirito Santo, come in occasione del conferimento del sacramento della Confermazione e durante l’elezione del Papa dai Cardinali nella Cappella Sistina, per la consacrazione dei vescovi, per l’ordinazione dei sacerdoti, per i concili e i sinodi e per l’incoronazione di un sovrano.

Ma chi era Rabano di Magonza? Un Carolingio molto erudito, dalla produzione letteraria e filosofica notevole: eccovene i titoli, alcuni dei quali estremamente interessanti anche per coloro che sono appassionati di Alchimia e sapranno leggere tra le loro righe.

Commentaria in libros veteris et novi testamenti

Interno di edizione pregiata del De rerum naturis

Liber de laudibus Sanctae Crucis De institutione clericorum

De computo

De oblatione puerorum

De praescientia et praedestinatione De gratia et libero arbitrio

De disciplina ecclesiastica Paenitentialia

De universo (o De rerum naturis; Liber de originibus rerum) libri XXII

Martyrologium, De anima Carmina Epistulae

Pur se definito un “monotono compilatore” (E.R. Curtis), egli ebbe il pregio di organizzare, sistematizzare e divulgare (per quei pochi in grado di leggerle) le conoscenze del suo tempo. Nel De Universo, ad esempio, si parla approfonditamente del Sole e della Luna, e sebbene egli sia del IX secolo e l’introduzione dell’Alchimia avviene in Europa ufficialmente solo con Roberto di Chester, almeno tre secoli dopo, purtuttavia è interessante dare un’occhiata alle conoscenze cosmogoniche dell’epoca. Ma ecco il testo.

Veni, Creator Spiritus / mentes tuo- rum visita / Imple superna gratia / quae tu creasti pectora

Qui diceris Paraclitus, / Altissimi do- num Dei, / fons vivus, ignis, caritas, / et spiritalis unctio.

Tu septiformis munere, / digitus paternae dexterae; / tu rite promissum Patris, / sermone ditans guttura.

 

Accende lumen sensibus, / infunde amorem cordibus, / infirma nostri corporis, / virtute firmans perpeti.

Hostem repellas longius, / pacemque dones protinus, / ductore sic te prae- vio, / vitemus omne noxium

Per te sciamus da Patrem, / noscamus atque Filium, / teque utriusque Spiri- tum / credamus omni tempore.

 

Deo Patri sit gloria et Filio, / qui a mor- tuis surrexit, ac Paraclito, / in saeculo- rum saecula. Amen.

 

La traduzione italiana (che traggo da Wikipedia) riporta:

Vieni, o Spirito creatore, visita le nostre menti,

riempi della tua grazia i cuori che hai creato.

O dolce consolatore,

dono del Padre altissimo, acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell’anima.

Dito della mano di Dio, promesso dal Salvatore, irradia i tuoi sette doni, suscita in noi la parola.

Sii luce all’intelletto,

fiamma ardente nel cuore; sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore.

Difendici dal nemico, reca in dono la pace, la tua guida invincibile ci preservi dal male.

Luce d’eterna sapienza, svelaci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore.

Sia gloria a Dio Padre,

al Figlio, che è risorto dai morti e allo Spirito Santo

per tutti i secoli dei secoli.

Amen

 

Aduso a dover ritradurre le citazioni originali, spesso appositamente tradotte in modo da occultarne un senso, un suono o una parola, come spesso fa lo stesso Canseliet, provo a dare una meno elegante ma più filologica traduzione.

Vieni, Spirito Creatore,

visita le menti dei tuoi (fedeli?), riempi di superna grazia

i petti che tu hai creato.

 

Tu che ti dici Consolatore. Altissimo dono di Dio,

fontana viva, fuoco, carità e unzione di spirito,

 

Tu, dono dalle sette forme,

dito della mano destra del Padre, tu promesso del Padre con un rito, con un discorso arricchisci le gole.

 

Accendi il lume ai sensi, infondi l’amore ai cuori, indebolisci i nostri corpi,

che consolidi con fortezza costante.

 

Respingi il nemico a lungo, e dona subito pace,

con te che conduci davanti eviteremo ogni danno.

 

Per tuo tramite facci consapevoli

del Padre

e conosciamo il Figlio e con te lo Spirito

al pari di Te di ogni tempo

 

Sia gloria a Dio Padre,

al Figlio che risorse dalla morte, ed al Consolatore,

nei secoli dei secoli.

Così sia

 

Mi paiono molto ‘risonanti‘ alcune espressioni, riferite allo Spirito Creatore, quali “acqua viva” e “fuoco” i quali, fra l’altro, sono attributi auto-dichiarati dallo Spirito stesso, con il quale il nostro Rabanus Magnentius (ohibò, curioso il patronimico che fa subito pensare al magnete) sembra

avere una certa confidenza. Parecchio operative, poi, mi sembrano le invocazioni volte ad accendere il lume (lumen) dei nostri sensi ed infondere l’amore nei nostri cuori, ma soprattutto quell’indebolire e rafforzare i nostri corpi (quali corpi?), quasi un “solve e coagula” alternati. Infine, anche l’attributo “Donum Dei” mi suona davvero familiare, e trovo curioso che questo Spirito, emanazione della mano destra del Padre, sia sotto forma di dito “septiformis”, tradotto ufficialmente “dalle forme molteplici”, ma la cui etimologia è indicativa di un numero ben preciso, il sette. Come il numero delle strofe.

Il testo è stato musicato, per il suo innegabile fascino, da molti musicisti; chissà perché, però, non mi meraviglia affatto trovare fra di essi il fiammingo Josquin Desprez. Ma andiamo per gradi, ecco innanzitutto l’inno gregoriano:

Fra le versioni polifoniche, c’è appunto quella di Josquin Desprez: essa peraltro è identica all’ultima sezione dell’Ave Maria, Virgo serena dello stesso Josquin. È nella seconda parte, dove il testo dice:

ave vera virginitas, Immaculata castitas, Cuius Purificatio

Nostra fuit purgatio. Ave, praeclara omnibus

Angelicis virtutibus, Cuius Assumptio

Nostra fuit glorificatio.

O Mater Dei, Memento mei.

Josquin Desprez

Inviterei i lettori ad esplorare tutto il testo, poiché condurre l’analisi in questa sede condurrebbe lungo altro rivolo rispetto al nostro fil rouge. A mio avviso, Desprez ha volutamente dato delle indicazioni. Sottolineare con la stessa melodia del Veni Creator il passo dell’Ave Maria nel quale si proclama la “Vera Virginitas” di Maria è molto suggestivo e sembra indicare una natura (anche) mercuriale, femminile, dello Spirito Creatore. L’andamento ondulante della melodia gregoriana potrebbe essere un ulteriore segno di mercurialità: unda in Latino si può anche tradurre con “acqua”.

La scansione ternaria, infine, oltre ad alludere alla Trinitas, è come un segnale che ci indica che si sta trattando un testo di grande sacralità.

Cercatela, ed abbiate la pazienza e la compiacenza di ascoltarla tutta, è fra l’altro un brano di estrema bellezza. Anche il nostro Palestrina ha musicato il Veni Creator (e vedremo in un’altra occasione come anche il compositore italiano entri a pieno titolo nel milieu franco-fiammingo). Ne riportiamo l’incipit, in bello stile fugato basato sulla melodia gregoriana.

 

Si può vedere anche in questa corrispondenza un’ulteriore conferma di una comunione di linguaggi e di scelte testuali che non può essere considerata soltanto casuale o legata ad esigenze liturgiche di circostanza.

 

 

 

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